Mims: “Autotrasporto merci in Italia preponderante, molto superiore alle stime e non trasferibile su ferro”
L’eredità lasciata da Enrico Giovannini come titolare del Mims è oggetto di discussione e anche critiche nel comparto della logistica e dei trasporti, ma un lascito senza dubbio interessante è quello racchiuso nel documento strategico “Mobilità e logistica sostenibili. Analisi e indirizzi strategici per il futuro” che l’ex ministro ha fatto pubblicare solo nell’ultimo giorno […]
L’eredità lasciata da Enrico Giovannini come titolare del Mims è oggetto di discussione e anche critiche nel comparto della logistica e dei trasporti, ma un lascito senza dubbio interessante è quello racchiuso nel documento strategico “Mobilità e logistica sostenibili. Analisi e indirizzi strategici per il futuro” che l’ex ministro ha fatto pubblicare solo nell’ultimo giorno del suo mandato, ovvero venerdì scorso.
Il testo rappresenta, secondo il suo estensore, “una straordinaria base analitica per la programmazione delle politiche future per la mobilità e la logistica” ed effettivamente tra le sue pagine spicca per ambizione il tentativo di offrire un quadro di dati aggiornati e affidabili sul settore, in un contesto caratterizzato finora da ampia “eterogeneità delle stime disponibili”.
L’operazione svolta dal Mims (integrando numerose fonti e utilizzando anche big data raccolti tramite smartphone) ha portato a risultati che sulla carta appaiono sorprendenti, perlomeno per quel che riguarda il trasporto stradale (che comunque, secondo le stime contenute nello stesso report, vale da solo in Italia per oltre l’87% del totale). Il Ministero arriva infatti a concludere che finora che la sua portata sia stata significativamente sottovalutata e che questo nel 2019 sia stato pari a 90 miliardi di veicoli*km (di cui 26,2 su autostrade, 44,9 su strade extraurbane e 19 su percorsi urbani), per circa 580 miliardi di tonnellate*km (221,4 su rete autostradale, 255,9 su rete extraurbana e 102,9 su percorsi urbani). Per un confronto con i numeri noti finora, si può citare ad esempio Anfia che sulla base di dati Istat per lo stesso anno stimava movimentazioni per 138 miliardi di tkm.
Nel documento sono comunque presenti altri spunti. Restando nell’ambito del trasporto stradale e guardando al parametro delle tonnellate merce*km, come detto la preponderanza risulta della strada (87,81%), seguita a grandissima distanza dal cabotaggio marittimo (8,77%, per 57.975 milioni di tonnellate*km), dal trasporto ferroviario (3,22%, 21.309 milioni), dal trasporto aereo nazionale (0,18%, 1.216 milioni) e infine da quello su idrovie (0,01%, 55 milioni). Le regioni che hanno generato più traffico stradale siano nell’ordine Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, con il Nord che nel suo insieme pesa per il 65% del totale.
Più interessante è però l’analisi dell’utilizzo che l’autotrasporto fa della rete stradale e in particolare autostradale. Se si esclude il traffico dei pendolari, nei giorni feriali questa attività risulta infatti la predominante sulla rete. Più precisamente, in base a dati Aspi, sul 50% della lunghezza delle autostrade i mezzi pesanti rappresentano oltre il 30% del totale dei veicoli circolanti, superando in alcuni casi il 50%.
Alcune di queste tratte – in particolare la Firenze-Roma, il nodo di Genova e alcune strade del Nord-Est – hanno visto crescere la quota di questi veicoli tra 2013 e 2019 e secondo il Mims è ragionevole pensare che questa fetta sia cresciuta ulteriormente con la pandemia e continuerà a crescere in futuro.
Il trasporto merci su gomma, insomma, continua e continuerà a farla da padrone in Italia e la cosa significativa è che di questo appare nettamente convinto anche il Ministero delle Infrastrutture e Mobilità a guida Giovannini.
L’analisi delle percorrenze medie dei mezzi pesanti ha infatti portato a rilevare che l’80% degli spostamenti di camion è inferiore ai 200 km e il 90% ai 300 km, distanze sulle quali secondo il ministero “il trasporto ferroviario è difficilmente competitivo”. La sostenibilità ambientale del trasporto merci – uno dei temi che il documento si proponeva di analizzare, applicandolo al contesto italiano – secondo il Mims ‘di Giovannini’ dovrà quindi basarsi sull’efficientamento dei veicoli e l’ottimizzazione delle operazioni, più che su un improbabile shift modale. A sostegno di questa conclusione il documento evidenzia anche il problema che sarebbe rappresentato dal mirare agli obiettivi comunitari (spostare entro il 2030 il 30% del traffico stradale con percorrenze superiori ai 300 km su modalità di trasporto alternative e il 50% entro il 2050) dato che lo spostamento di piccole aliquote di trasporto su ferrovia (pari a circa allo 1,9% e al 3,2%) significherebbe quasi raddoppiare il traffico del 2019 entro il 2030 e incrementarlo del 160% entro il 2050, andando in competizione con il trasporto passeggeri.
A ulteriore supporto di questa tesi, l’analisi della geolocalizzazione delle attività produttive in Italia: “l’80% degli addetti alla manifattura sul territorio nazionale si trova entro i 20 km dal casello autostradale più vicino” e il 30% “in un territorio in un raggio di 5 km”. La centralità del trasporto stradale è “fortemente legata alla sua capillarità e alla sua capacita di sovrapporsi, pertanto, a un sistema produttivo molto disperso sul territorio” di cui, conclude l’analisi, la rete autostradale italiana costituisce il “principale asset di accessibilità”.
F.M.
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